Sono arrivato a Mérida in Venezuela per rivedere Verónica dopo 23 anni. Era stata una mia studentessa all’UWC di Duino.
Ormai la mia capacità di girare da turista e visitare posti importanti è esaurita. Voglio solo riposarmi, vedere amici che non vedo da decenni.
A Mérida cerco di capire il mistero che è il Venezuela, un paese ricco e disastrato. Non ci riesco del tutto. Ho i dati: il mare di petrolio, l’inflazione al 60%, la criminalità dilagante, le riforme di Hugo Chavez, le ingerenze di Bush, il pieno di benzina al prezzo di mezzo caffè, le Malibù americane degli anni 70, la nuova funivia di Doppelmayr che non va avanti, le rivolte della primavera di quest’anno, le immagini di Maduro dappertutto, le inferiate alle finestre e il filo spinato o elettrificato sui balconi, i muri e i tetti, il cambio che varia da 1 a 10 sull’euro a 1 a 100, i conti all’estero, il mega prestito cinese, i medici cubani, i beni di prima necessità che mancano e le lunghe code ai negozi… Ma darsi una ragione del perché questo bellissimo paese affonda, non è facile. Forse non è possibile. Attribuire la colpa allo zio Sam è facile per noi europei, ma mi sembra che non sia tutto.
Nell’impossibilità di capire mi affido alla scritta che vedo su una macchina: “Dios es mi Compañero”, Dio è il mio compagno. Marxismo cattolico. Andiamo bene!
Faccio una bella gita con il “Club montañero para la salud” ed è come andare col CAI. Stessi personaggi, stesse dinamiche. Stessa pioggerellina e stesse discussioni. Gli esseri umani sono uguali dappertutto. Solo che qui siamo nelle Ande poco a nord dell’equatore e si parte da Mérida a 1600 metri tra banani, palme e bouganville in fiore.
Guardo la partita inaugurale dei Mondiali con Verónica e suo figlio che a otto anni “vive” il suo primo mondiale. È in una squadra di calcio e gli piacerebbe andare in Europa, magari a Barcellona, entrare nel Barça…
La sera mi ritiro presto nella Posada: Mérida è abbastanza tranquilla, ma le strade sono vuote ed è meglio non rischiare. Di notte al rosso le macchine non si fermano: meglio incocciarsi che farsi rapinare.
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