Arrivo a La Paz martedì mattina, dopo una notte in bus da Sucre, guardo dal finestrino appannato e vedo la neve che cade, il fango delle strade, le donne con gli ampi vestiti colorati e la “bombetta” nera in testa. Mi assale un sentimento di tristezza per la desolazione e la povertà della Bolivia.
Sono anche sfinito dall’altitudine, dalla mancanza di ossigeno e dal freddo.
Si accede a La Paz da El Alto (4000 m): una città nata sull’altipiano, più grande della capitale e composta da una distesa infinita di povere case di mattoni a vista, viuzze, officine, negozi e cani randagi.
La carretera scende lungo le falde di uno dei tre canyon d’argilla su cui è costruita La Paz. I geologi dicono che il 65% del territorio è inadatto all’edificazione. Lo sviluppo urbano però è continuo e caotico. Del centro storico è rimasto poco. La parte spagnola con la piazza principale, la cattedrale, il parlamento e il palazzo del governo. La parte india con strette e ripidissime viuzze, alcuni begli edifici in decadenza e molti turisti di passaggio diretti chi a Uyuni e chi al lago Titicaca.
Al margine tra El Alto e La Paz, poco prima che la strada precipiti, si erge un monumento in ferro a Che Guevara. Segno dello spirito ribelle ed inquieto della Bolivia.
Evo, il presidente Evo Morales, primo presidente indigeno, primo presidente eletto (nel 2006) a maggioranza assoluta e riconfermato nel 2010 ha fatto molto per La Paz ma soprattutto per El Alto. Strade e tre linee di teleferica (Doppelmayr) che stanno per entrare in funzione.
Evo troneggia su grandi manifesti accanto al ribelle indio Tupac Katari e accanto al satellite (che porta lo stesso nome) messo in orbita cinque mesi fa.
Il mio amico Paul (un inglese che da otto anni vive a Sucre) mi racconta che veniva a La Paz per manifestare in favore di Evo, ma che adesso è deluso. Secondo lui Evo ha solo sostituito un gruppo di potere con un altro e consolida il potere con i soliti sistemi dittatoriali. Altri sostengono che Evo molto sta facendo per le popolazioni indio rurali. Tutti sono sicuri che sarà rieletto quest’anno (dopo una modifica legislativa che gli consente un terzo mandato).
Nel 2009 è stata promulgata una nuova costituzione che riconosce le diverse etnie (quechua, aymará ecc) nello “Stato Plurinazionale di Bolivia” adottando anche una seconda bandiera nazionale. La DEA è stata cacciata, le risorse minerarie nazionalizzate. “La coltivazione della coca è una tradizione millenaria e non ha niente a che fare con la cocaina che non è un nostro problema” dice Evo.
Visito le formazioni di argilla della valle della Luna, fotografo l’Illimani dal mirador Killi Killi (delle aquile) e con un tour vado a vedere i resti archeologici di Tihuanacu, capitale e centro religioso di una antica civiltà anteriore agli inca e di cui ancora poco si sa.
Passando per El Alto la guida mi spiega lo stile “cholo”. Due tre piani di caotiche costruzioni in mattoni a vista, lo “chalet” all’ultimo piano con due tetti a punta e una facciata (non so se in metallo o in plastica) coloratissima che riprende le linee ad angoli retti “tihuanache”. Sono le case “lussuose” dei nuovi ricchi. Uno sviluppo che a me (e credo a qualsiasi europeo) risulta incomprensibile.
Wow, sehr eindrücklich diese Kontraste! Und deine Berichte sind immer sehr spannend!
Ankaŭ ĉifoje via dokumentaro estas vere impresa! Dankon!